27 Nov Aria e luce
“Vicini per chilometri vicini per stagioni
Traversando frontiere che
preparano le guerre di domani
Vicini per chilometri vicini per stagioni
C’è modo e luogo di scoprire che
il confine è d’aria e luce”
Vicini – CSI – 1997
A Pennabilli ed in altri comuni vicini è stato recentemente indetto un referendum. Gli abitanti di sette comuni hanno votato per il passaggio della loro valle dalla regione Marche all’Emilia Romagna. L’iter burocratico è avviato e probabilmente tra qualche tempo si arriverà ad un cambiamento dei confini regionali. A guardare da Pennabilli il corso del Marecchia che scorre verso Rimini si avverte un’unità territoriale che le montagne intorno sembrano confermare.
Uscendo dalla nostra redazione lo sguardo spazia sulla vallata del Tronto. Da Acquaviva al mattino la luce che sale dal mare sbatte sulla Montagna dei Fiori, sulla catena che arriva al Gran Sasso e scivola di nuovo verso la Maiella. Una diagonale che è una muraglia di cime che si imbiancano. Il confine regionale, qui, è tra Marche e Abruzzo. Seguendo l’esempio di Pennabilli e della Val Marecchia anche dei comuni del teramano hanno ipotizzato un loro passaggio alla provincia di Ascoli. Che nel frattempo viene ridisegnata con la perdita del territorio fermano.
I confini si muovono. Le persone sentono il bisogno di cambiare la geografia in base alla loro spazialità. Le leggi e gli stati si adeguano. Fortunatamente, in questo caso, senza guerre.
Però c’è qualcosa di strano in questo movimento di piccoli territori a ridisegnarsi. Questi spostamenti della linea, sono dovuti a motivi economici prima ancora che culturali, anzi quasi esclusivamente frutto di un sogno o di un disegno di arricchimento secondo il principio che “l’erba del vicino è sempre più verde”. Sono spostamenti che avvengono sì su base popolare, ma in forza di qualche prospettiva contingente. Nel Montefeltro, il sogno di un turismo che arrivi ad arricchire anche la vallata montana. Nel fermano, l’idea di poter “contare di più” o di poter gestire in prima persona i denari. Sono segni di una crisi di sistema.
Il territorio è uno spazio che noi conosciamo, che misuriamo, che valutiamo; lo spazio “locale” però non esiste più, nemmeno in periferia, nemmeno in provincia. Ad un trasferimento di massa verso le grandi città si è sostituito un pendolarismo dovuto alle attività quotidiane su distanze oltre i 30 km. Per lavorare, ma anche per studiare. Per la visita medica, ma anche per il cinema in prima visione. Non è certo il mondo globalizzato andare al cinema, no? Ma non si può neppure parlare di dimensione locale, o non si dovrebbe farlo.
Le comunità che stiamo avvicinando durante il nostro lavoro sembrano tagliate fuori, a noi che stiamo sulla costa, e vediamo la città ingorgata dal traffico. Tagliate fuori dallo sviluppo, da Internet, da questo e quello. Invece abbiamo incontrato dei resistenti, persone che hanno portato lì la connessione e stabiliscono le relazioni anche attraverso il digitale.
Non solo per dire che esistono ma anche per proseguire il rapporto con il resto del mondo senza stravolgere il rapporto con lo spazio più prossimo.
Purtroppo la sensazione è che si viva in presidi, in accampamenti difensivi, in attesa che i tempi migliorino e le persone di più.
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