05 Mag Brunetto Latini, Dante e la selva
Ieri pomeriggio ero in giro per Grottammare dove Solidarietà e Partecipazione festeggiava in piazza il risultato delle elezioni comunali. Sono stato un po’ a vedere e poi ho fatto una passeggiata verso il lungomare. C’erano alcune bancarelle e non ho saputo resistere a sfrucugliare in una bancarella di libri. Nessun testo curioso, al massimo guide per l’addestramento dei cani, ex-bestseller ingialliti e altri di nessun interesse commerciale. A due euro ho comprato il Tesoretto di Brunetto Latini.
Tornato a casa l’ho aperto e mi sono trovato davanti ad una sorpresa. Almeno, a quella che a me è sembrata una sorpresa. Dante che copia Brunetto Latini (e ci sta, erano allievo e maestro) e nessun ricordo, alla grossa, di qualche nota critica a proposito…
Brunetto è stato mandato da Firenze, governata dai guelfi, come ambasciatore al Re di Spagna. Compiuta la sua missione diplomatica torna indietro, ma per strada un messo lo avverte che i ghibellini hanno cacciato i guelfi da Firenze: versi 180 ss.
“Certo lo cor mi parte
di cotanto dolore,
pensando il grande onore
e la ricca potenza
che suole aver Fiorenza
quasi nel mondo tutto;
e io, in tal corrotto
pensando a capo chino,
perdei il gran cammino,
e tenni a la traversa
d’una selva diversa.
Ma tornando a la mente,
mi volsi e posi mente
intorno a la montagna;
e vidi turba magna
di diversi animali,
che non so ben dir quali: “*
E a questo punto, sulla montagna, Brunetto incontra la Natura, che inizia a spiegargli l’ordine del mondo…
A occhio e croce il primo canto della Commedia di Dante c’è tutto… Quello che non mi spiego è come un topos così importante sfugga ai commenti. Stasera in mIrc ne ho fatto una ricognizione veloce su #cardi con castorp e hombreamarillo (mancante Chelidon), e poi ne ho parlato via skype con Alessandra. A nessuno, a memoria, venivano in mente citazioni e abbiamo provato a consultare qualche testo. Solo la Chiavacci Leonardi presenta una nota tutto sommato elusiva della questione.
Abbiamo azzardato un’ipotesi, che Dante nel primo canto dell’Inferno sfidi Brunetto Latini, che l’allievo sfidi il maestro mostrando di sapere gestire meglio la stessa materia poetica. Brunetto scrive in settenari a rima baciata, faticosi ad un discorso filosofico tanto che il poeta avverte che si riserva di passare alla prosa, qualora l’argomento si faccia troppo alto. Dante risponde con la discorsività fluente e ritmica della sua terzina, strumento enormemente più potente e duttile. Brunetto è impreciso nel descrivere gli animali che vede nella selva, anche se fanno riferimento ad un sistema simbolico. Dante ci complica la vita tra leone, lupa e lonza… Brunetto presenta la Natura (come Boezio la Filosofia?) e Dante “re-incarna” Virgilio e Beatrice.
Le questioni irrisolvibili irrisolte per noi sono queste:
- se Dante gioca sullo stesso terreno di Brunetto il suo primo canto, siamo sicuri che abbia già in mente tutta la Commedia come dicono molti? o piuttosto inizia la sua opera completamente ancorato al solco della tradizione, staccandosene per la forza del suo talento poetico?
- il parallelo dello smarrimento nella selva, dell’ascesa al monte, dell’incontro filosofico-teologico, non sono sufficienti ad impostare l’analisi dell’incipit della Divina Commedia? se sì, che ci facciamo di tutte le sovrainterpretazioni che vengono svolte in centinaia di pagine critiche sulla selva?
- perchè la carenza di osservazioni sulla relazione tra i due passi nelle note al testo? non potremmo trovarci di fronte ad un problema di trasandatezza dei nostri critici (e anche dei maggiori) che a forza di basarsi sui commenti anteriori si perdono per strada un elemento forse decisivo nella comprensione dell’avvio del poema? e in questo caso non sarebbe uno scricchiolio dell’auctoritas?
Alessandra mi ha suggerito di stendere un articolo su questa faccenda, e io non ho il tempo necessario da dedicarci, però la cosa mi incuriosisce… Provo a mettere queste noterelle sul web, a vedere cosa ne viene fuori, dai cosiddetti Nuovi Alessandrini…
Riccardo Giovannozzi
Posted at 17:35h, 14 NovembreCiao Fabio, io sono uno studente che fa il liceo scientifico e che per ora ha intenzione di laurearsi in lettere ( so che fa ridere ma mi piacciono molto gli autori italiani di quest’epoca e del 900′) e ho pensato di scrivere la mia opinione su quello che hai sopraelencato. Sto studiando Dante e ho finito ormai da tempo l’inferno. Rileggendo il tuo commento sono andato leggere il tesoretto. Dando una mia opinione da liceale, direi che quanto dici è vero.. l’allievo che sfida il maestro.. bè sia in letteratura come in arte è una cosa più che normale, come vediamo nel corso della storia. Però credo che Brunetto tende ad usare la natura a fine divulgativo, un pò come se volesse decrivere a livello filosofico e astronomico la natura stessa (oltre ad usare “selva diversa” che è ovviamente un cambio di prospettiva). Dante secondo me invece, tende a livello morale e teologico di spiegare ciò che per lui è la selva, una selva oscura che devia l’animo umano. Ciò lo vediamo anche dall’uso dei versi e dalla descrizione degli animali per l’appunto. Detto ciò spero di aver dato almeno un impressione ragionevole, grazie per il commento. Riccardo Giovannozzi 4°G liceo scintifico Niccolo Rodolico.