Il compleanno di Filemazio
Quante sono le domande, nelle canzoni, nei fumetti e nei romanzi di Guccini, che hanno trovato una risposta?
Quanti versi si chiudono in sospeso, su una domanda a cui non si riuscirà a trovare risposta?
Vent’anni fa, all’incirca, Guccini scriveva Bisanzio. Erano finiti gli anni ’70 e si sentiva trasformare il mondo, in una crisi di punti di riferimento.
Filemazio, protomedico, matematico, astronomo, forse saggio interroga il cielo notturno di Bisanzio, in cerca delle stelle che conosce e che non vede più, perché il cielo si è mosso. Di fronte a questa forza Filemazio prova quasi un senso di paura, ma anche la forza di un’immensità che ridimensiona l’uomo e le sue miserie: che importa a questo mare essere azzurro o verde? (Gli azzurri e i verdi erano i partiti che, al tempo di Giustiniano, prendevano nome dalle squadre dell’ippodromo).
Bisanzio s’è riempita di stranieri, non si riconoscono più i Romani e i Greci.
“Città assurda, città strana di questo imperatore sposo di puttana,
di plebi smisurate, labirinti ed empietà,
di barbari che forse sanno già la verità,
di filosofi e di eteree, sospesa tra due mondi, e tra due ere…”
Come Filemazio la vedetta nella notte di Shomer ma mi llailah.
Come Filemazio, Gulliver e Cristoforo Colombo e Odysseus, incapace di stare a casa.
Come Filemazio, Bovary, con l’avvertenza di Flaubert: “Bovary, c’est moi“.
Cos’è che cerca Guccini-Bovary? Cos’è che gli impedisce di trovare pace?
“Ma cosa c’è, cosa c’è…
atrii a piastrelle di stazioni secondarie,
strade più strade di avventure solitarie,
clown nella notte, valigie vuote,
piene di trucchi per tragedie immaginarie…”
Bovary è la canzone che non si chiude, appesa a quella ripetizione di “ancora”. Come se la risposta fosse lì a disposizione, individuata ma non definibile, una parola che si spezza sulle labbra.
“Ma che cosa c’è proprio in fondo in fondo,
quando bene o male faremo due conti,
e i giorni goccioleranno come i rubinetti nel buio
e diremo “…un momento, aspetti…” per non essere mai pronti,
signora Bovary, coraggio, pure
tra gli assassini e gli avventurieri,
in fondo a quest’ oggi c’è ancora la notte,
in fondo alla notte c’è ancora, c’è ancora….”
Guccini racconta un mondo diviso in due, tra chi “dice di sapere già ogni legge delle cose”, tra chi “vanta un orgoglio cieco” e conosce “il vero, vero”, mentre lui si mette dalla parte della bambina portoghese, che entrata per un semplice bagno nell’oceano si sente completamente immersa in qualcosa più grande di lei: “un punto al limite d’un continente”.
Così oggi festeggio il compleanno Filemazio, con il vermouth e un poco di vino, per avermi fatto compagnia mentre scommattevo con “il dubbio antico”.